Un calcio alle brutte abitudini
Eh, sì, anche il calcio sta cambiando, e sta andando nella direzione del green. L’esempio migliore lo dà la Dacia Arena, stadio dell’Udinese calcio, che viene menzionata nel mondo come fiore all’occhiello italiano per la sostenibilità.
“Presto faremo una partita ad emissioni zero” dice Magda Pozzo, coordinatrice Marketing Udinese Calcio.
Ma come deve essere concepito uno stadio contemporaneo?
Innanzitutto, non deve essere legato esclusivamente al calcio ed al matchday, ma avere le proprie attività quotidiane, dove l’innovazione si sposa con la sostenibilità. La Dacia Arena è a tutti gli effetti il primo stadio green d’Italia.
Il primo step è stato fatto con l’idea “Bluenergy”: lo stadio è illuminato solo con energia da fonti rinnovabili, il che ha consentito di risparmiare oltre 2250 tonnellate di CO2. Parallelamente con la promozione di progetti green, come la piantumazione di alberi, per compensare le emissioni. Inoltre, in tutto lo stadio viene attuata la raccolta differenziata e limitato il consumo di plastica.
E grazie a tutti questi sforzi che quest’anno, la Football Sustainability Index pone l’Udinese tra gli unici due club italiani (l’altro è il Milan) tra i primi 10, ed in quarta posizione a livello globale. “Non è assolutamente un caso. Per noi è solo un primo step in un percorso che vogliamo sia sempre più intenso e concreto sotto tutti i punti di vista – sottolinea Magda Pozzo – Direi che siamo diventati un riferimento internazionale per un club delle nostre dimensioni, come evidenziato dalla nostra adesione al programma Sport For Climate Action delle Nazioni Unite, per la promozione di una maggiore responsabilità ambientale verso i nostri tifosi e non solo, di un consumo sostenibile e, al tempo stesso, l’impegno per ridurre l’impatto climatico degli eventi sportivi e a sostenere con la nostra comunicazione l’azione climatica. Un impegno totale che ci ha portato a questo risultato”.
Rimane però ancora ampio, a livello generale, in divario tra i club inglesi e la Serie A in tema sostenibilità. In Inghilterra e in Spagna l’urgenza sociale di questo tema è stata colta in anticipo e questo ha fatto sì che si creasse un gap rispetto al nostro Paese. Però è ormai evidente che, grazie agli esempi di Udine e Milano, sia iniziato un processo che sta portando il calcio italiano nella giusta direzione. La consapevolezza che il calcio non sia solo un gioco, ma soprattutto una passione ed un’industria con un incredibile potere comunicativo e sociale che deve trasmettere dei messaggi positivi, è la chiave del successo dell’iniziativa.
In più, sempre più atleti stanno prendendo consapevolezza di quanto sia importante la loro voce e la loro sensibilità per promuovere il tema ecologico. Il calcio di oggi è globale e raggiunge, grazie ai social, le nuove generazioni ad una velocità mai avuta in passato. Questo fa sì che il messaggio arrivi diretto, forte e chiaro. È un qualcosa di straordinario che va capitalizzato.
La “fascia di capitano dedicata” è un simbolo importante che suscita impatto mediatico ed anche curiosità, ma l’impegno concreto dei protagonisti in campo veicola ancor di più il messaggio. E’ ormai chiaro che solo unendo gli sforzi delle società con quelli dei singoli atleti si possa arrivare a trasformare degli slogan ecologisti in un reale cambiamento, duraturo e definitivo.
Se vogliamo dirlo in gergo calcistico: a vincere la partita con una goleada!