La curiosità uccise il gatto, ma non l’ecologia

La curiosità uccise il gatto, ma non l’ecologia

Come ci piace fare ogni tanto, cerchiamo di andare a scovare curiosità green divertenti, ma anche utili. Perché diciamoci la verità, tante volte le buone intenzioni non portano sempre ad un comportamento corretto. Un po’ la stanchezza, un po’ il poco tempo a disposizione, un po’ il “tanto che cambia?!”, insomma finiamo per dimenticarci di essere persone civili e rispettose dell’ambiente.

Ma c’è il vostro Magazine di IGL che vi riporta sulla retta via e vi fa risuonare in testa le svegliette ecologiche.

Driiinnn!

Lo sapevate che la maggior parte degli elettrodomestici consuma energia anche quando è in stand-by? Probabilmente no. Negli Stati Uniti, secondo gli ultimi studi, gli apparecchi elettronici in stand-by consumano più energia di quanta ne riescano a produrre tutti gli impianti fotovoltaici del paese. Il consiglio valido in generale, per tutti gli apparecchi elettrici, è evitare lo stand-by, ricorrere alle multi-prese e utilizzare un wattmetro che ci aiuti a capire quali sono gli apparecchi energivori, prestando loro maggiore attenzione. Il frigorifero è in prima posizione in quanto a consumo, ma di certo quello non si può spegnere!

Driiinnn!

Lo sapevate che si può produrre energia anche dalla spazzatura? Questa non è male, approfondiamo!

È proprio dagli scarti che viene rilasciato il metano, un gas naturale, il quale, essendo un gas serra, può essere utilizzato per la produzione di energia, ed è un ottimo modo per evitare che venga immesso nell’ambiente. Attraverso le nuove tecnologie di cui sono dotati gli impianti di ultima generazione, 4 tonnellate di spazzatura sono in grado di sprigionare l’energia di una tonnellata di petrolio, 1,5 tonnellate di carbone o 5 di legno. Gli inceneritori di seconda generazione, anche noti come termo-valorizzatori, oltre a bruciare i rifiuti recuperano il calore sviluppato durante la combustione e lo riutilizzano per produrre vapore; quest’ultimo, a sua volta, viene convogliato e sfruttato per produrre energia elettrica o calore tramite il teleriscaldamento.
Un bene per il pianeta, un grosso vantaggio anche per noi!

DRIIINNN!

Lo sapevate che la Norvegia ottiene circa il 99% di tutta l’energia elettrica di cui necessita dall’acqua? In questo modo guadagna il primato di paese in cui l’energia idroelettrica è più efficiente. Grazie all’abbondanza di riserve d’acqua e di salti, la nazione ha potuto dotarsi di ben 31GW di potenza installata idroelettrica in grado di produrre ogni anno 144TWh di energia, pari a circa la metà del fabbisogno italiano.

Inoltre, in Norvegia l’acqua occupa circa il 5,05% della superficie totale. Questa frazione può sembrare insignificante, fino a quando non si scopre che la Norvegia ha la seconda più grande percentuale di acqua rispetto alla terra a livello globale, dietro solo al Canada con l’8,93%. In più, tra i corpi idrici ci sono i fiordi norvegesi. Con oltre 1.000 fiordi che attraversano il Paese, la Norvegia è il Paese che ospita il maggior numero di fiordi al mondo. Con questa risorsa idrica viva e attiva a disposizione del Paese, la Norvegia si vanta di essere la nazione europea con la più alta capacità idroelettrica.

Che ne dite? Vi sono piaciute?

Se ne volete altre, scrivetelo nei commenti. Chiedete e vi sarà dato. Come sempre: IGL, dalla parte del cliente.

Al prossimo articolo!

Hai voluto la bicicletta? E allora usala!

Hai voluto la bicicletta? E allora usala!

Un filosofo cinese dell’antichità amava dire che “la parte più difficile di un viaggio è la porta “. Questo perché, nonostante la volontà e le buone intenzioni, iniziare un percorso nuovo può rivelarsi arduo, soprattutto all’inizio, quando non si sa da che parte girarsi. Se non si trovano risposte ai dubbi o non si hanno esempi da seguire, è molto facile che le motivazioni vengano meno: oggi parliamo del Bike to Work.

Partiamo dall’inizio, ovvero dal momento in cui nasce dentro di noi la volontà di provarci, di dire “quasi quasi ci vado in bici”. Visto che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, vediamo come colmare quel vuoto. Alzi la mano chi, quando ha pensato “quasi quasi vado al lavoro in bici” non sia stato immediatamente inondato di pensieri che mettevano in discussione ogni motivazione. “Sì ma ci sono troppe auto: come faccio?” “Già ma poi cosa la pago a fare l’assicurazione della macchina?” “E poi come faccio se sudo?” “Ma con ‘sto freddo, all’aperto?”

Per superare i timori iniziali si può usare un metodo molto semplice: scrivere le proprie intenzioni. Prendete un foglio bianco e tracciate tre righe verticali, che saranno le colonne della tabella. La prima colonna la chiameremo “Vantaggi”:

– Risparmiare

– Restare in forma

– Evitare il traffico

Nella seconda colonna che chiameremo “Svantaggi”:  

– Pericolo

– Alzarsi prima

– E per fare la spesa?

Ora, per ogni svantaggio o timore che avete scritto, valutate se esiste una soluzione concreta che potete mettere in atto e scrivetela nella terza colonna: la Soluzioni. Poi, contate i vantaggi che avete inserito nella prima colonna e gli svantaggi che sono rimasti senza soluzione e fate un paragone: quali sono in maggior numero? Questo metodo è molto pratico e funzionale perché permette di avere una visione a 360° del progetto e capire che molto spesso i nostri timori sono infondati.

Usare la bicicletta per andare a lavorare non è solo cambiare mezzo di trasporto, ma quasi una scelta o una filosofia di vita. Saremmo disonesti se dicessimo che sarà tutto bello, facile e vi ritroverete a pedalare in mezzo alla natura con il sole sulla faccia. Ci sono dei problemi da affrontare, usare diversi metodi per trasportare le proprie cose o per organizzare il proprio tempo, ma non è niente di impossibile.

La prima cosa da fare è trovare la bicicletta giusta: da città o da viaggio, è indifferente. L’importante è che sia la vostra bici, sia della vostra misura e che l’abbiate regolata in base alla vostra corporatura. Una volta trovata, il resto è soltanto organizzazione pratica: problemi logistici che si possono risolvere facilmente.

Infine, dato che raramente abbiamo corsie dedicate, dobbiamo considerarci come degli utenti della strada a tutti gli effetti, che dobbiamo dividere con automobili, motocicli e pedoni, per cui vedremo in maniera approfondita come comportarci in ogni situazione, per garantirci la massima sicurezza possibile.

Che dire, il nostro viaggio è cominciato e abbiamo imboccato la porta giusta, quella che ci condurrà a cambiare decisamente modo di muoverci. Noi di Italia Gas e Luce lo facciamo da sempre.  Qualcuno potrebbe dire: Facile! Avete la sede in Versilia, a Lido di Camaiore, siete già abituati agli spostamenti in bicicletta sul mare, quindi non fate testo! Può anche essere vero, ma vi possiamo assicurare che, superati i primi dubbi, la strada sarà solo in discesa. Provateci e non ve ne pentirete. Il nostro filosofo cinese ne sarebbe davvero soddisfatto.

Un cliente felice è il nostro unico obiettivo

Un cliente felice è il nostro unico obiettivo

Devo ammetterlo, quando ho cominciato a collaborare con Italia Gas e Luce ne sapevo ben poco di energia rinnovabile, carbon fossili, combustione, lettura di bollette, pun, pod, volture, ecc… Come credo la maggior parte di voi. Arrivava la bolletta e la pagavo, poi dopo è arrivato il rid bancario, la rateizzazione, ma finiva sempre che dovevo pagarla, e sperare solo che fosse più bassa del bimestre precedente. Lamentarsi non serviva a niente, e soprattutto non cambiava le cose. Questo era il mercato tutelato, dove l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente, detta ARERA, stabiliva i costi e le condizioni dei contratti energetici.

Con l’avvento del Mercato Libero, invece, i costi e le condizioni contrattuali sono fissati direttamente dai fornitori di energia. Ecco che abbiamo avuto a possibilità di scegliere il fornitore e l’offerta che meglio si adattavano alle nostre esigenze. Decisamente la svolta. Innegabile la confusione iniziale, e ora che si fa? Sarà meglio o peggiorerà ancora? Considerazioni lecite e comprensibili. E via con ricerche compulsive in rete per non farsi trovare impreparati, ovviamente trovando di tutto, offerte imperdibili, indimenticabili, irripetibili, irrinunciabili. Ci siamo cascati, ci abbiamo creduto, come potevamo fare diversamente!

Poi, però, ci siamo fatti furbi, abbiamo cominciato a selezionare, come con le mail spam, abbiamo imparato a riconoscere e ad allontanare le sirene di Ulisse.

Noi di Italia Gas e Luce ci teniamo alla trasparenza, non quella dei vestiti in estate sia chiaro, sto parlando di trasparenza e sincerità nei confronti di chi ci sceglie, e questo diventa quasi una missione. Un cliente felice è il nostro unico obiettivo. Lavoriamo quotidianamente per farlo.

A cominciare da chi sta in azienda, che con gentilezza e competenza risponde alle vostre chiamate. Non per niente possiamo vantare un servizio a cinque stelle, certificato da Google

Fornendovi solo Energia rinnovabile, proveniente da fonti rinnovabili, anche questo certificato.

Proponendo offerte sempre nuove e al passo con le vostre necessità.

Al momento, tra quelle attive, c’è la Doppio Sconto, che ti fa avere 60 euro di sconto in bolletta se passi con con entrambe le utenze, e dopo dodici mesi che sei cliente, per il primo anno, ti restituisce il 50% di cashback sui consumi effettuati.

Ma come dimenticare la Business plus, dedicata ai nuovi clienti IGL. Se passate con noi con 1 utenza commerciale (con almeno 1.000€ di fatturato mensile) e 2 utenze domestiche, riceverete uno sconto di 3 centesimi per kWh sulla tariffa delle utenze elettriche per 12 mesi + il rimborso del 25% sull’utilizzo mensile medio della materia energia ogni 12 mesi rimane sempre valido.

Queste sono le offerte per i nuovi arrivati, ma non vogliamo certo dimenticare chi decide di restare con noi. La vostra fedeltà a Italia Gas e Luce sarà sempre premiata con un cashback annuale del 25%, per tutto il tempo in cui resterete in fornitura.

E, ultimo ma non ultimo, per i clienti IGL, il programma di risparmio “Porta un Amico”, che vi premia con uno sconto in bolletta per sempre per ogni amico che portate. Amico dopo amico arriverete ad azzerare le vostre bollette. Non c’è limite agli amici che potete portare e il vostro sconto sarà permanente!

È evidente che passare con IGL conviene, ma restare lo è ancora di più!

Il consiglio è sempre quello di dare un’occhiata al nostro sito “italiagaseluce.it” per trovare tutti i dettagli sulle offerte e le condizioni.

Stai con noi di IGL, vedrai che non saremo mai la tua nuova mail che finisce nello spam!

Sustainable Fashion VS Fast Fashion

Sustainable Fashion VS Fast Fashion

“La vedi questa camicia? Era di mio nonno, ha 40 anni. È la mia preferita! Sembra ancora nuova”

“Lo vedi questo top? L’ho comprato ieri, e credo proprio che non lo indosserò più domani”.

 

I dati parlano chiaro, la moda sostenibile sembra essere passata dall’essere un vezzo di pochi ad una scelta consapevole per molti consumatori nel mondo del fashion.

L’Italia è indubbiamente tra i paesi più in linea con questa tendenza. Il made in Italy, da sempre sigla rappresentativa di un lifestyle esclusivo e apprezzato in tutto il mondo, nonché sinonimo di alta qualità, è sempre più ricercato. Secondo recenti ricerche risulta che più della metà della popolazione italiana si rifiuterebbe di acquistare un prodotto d’abbigliamento da una casa di moda che non abbia delle linee etiche e ambientali ben precise.

La moda è uno dei settori ad avere maggior impatto ambientale: ne è una prova il fatto che essa è la causa dell’inquinamento del 20% delle acque potabili globali. Per questo motivo moltissimi consumatori oggi si orientano verso scelte maggiormente responsabili per la società e l’ambiente che le circonda. Questa particolare attenzione è propria, in particolar modo, della generazione Z, la quale, sempre attiva sui social, guarda alla sustainable fashion con sempre maggior interesse. Basti pensare alla crescente popolarità dello stile “old money”, che su Tik Tok è stato trasformato in un vero e proprio trend virale, e che sta ad indicare coloro che aspirano alla creazione di uno stile che rifiuta apertamente la caducità del fast fashion per un modo di vestire ispirato al passato, esclusivo e dalla qualità altissima.

Di altrettanto successo è il mercato secondhand che, come mostrano recenti ricerche, rappresenta già dal 3% al 5% del settore complessivo dell’abbigliamento, e potrebbe crescere fino al 40%. Sebbene gli articoli di seconda mano costituiscano circa un quarto degli armadi degli acquirenti di pezzi pre-loved, si prevede che nel 2023 costituiranno il 27%. A sceglierli sono ancora una volta i consumatori della Generazione Z, i più propensi ad acquistare (31%) e vendere (44%) articoli di seconda mano, seguiti dai millennial. Il 40% degli acquirenti considera l’usato come un modo per consumare moda in modo sostenibile, e altrettanti consumatori scelgono questo mercato per l’ampia scelta e i pezzi unici che offre. Anche il ‘brivido della caccia al tesoro’ e l’opportunità di negoziare con i venditori sono fattori sempre più popolari per l’acquisto di abbigliamento di seconda mano.

Di questo stesso stampo sono anche siti, già di tendenza da alcuni anni, come Vinted e Vestiaire Collective, i quali permettono ai loro utenti di vendere e acquistare in totale libertà. Quindi, se acquistare meno è acquistare meglio come si spiega un fenomeno globale come quello di Shein?

Per chi non lo conoscesse Shein è un negozio online di abbigliamento a basso costo che in pochi anni ha raggiunto e superato le maggiori catene Fast Fashion del mondo. Shein è infatti valutato oltre 30 miliardi di dollari e dal 2020 è diventata la più grande azienda di moda, esclusivamente online, del mondo. Si tratta di un marchio decisamente economico, motivo che lo ha reso così popolare, che vende vestiti che arrivano a costare pochi euro l’uno. In molti si sono chiesti come il colosso cinese possa produrre questi abiti a prezzi così bassi e la risposta è che purtroppo a farne le spese sono i suoi lavoratori. Questi, infatti, lavorano fino a 18 ore al giorno, 7 giorni su 7 e sono pagati 3 centesimi a capo di abbigliamento. La fonte di questi dati è il documentario investigativo “Untold: the Shein Machine” che mostra, grazie ad una donna sotto copertura, cosa significhi davvero lavorare in una fabbrica che produce abiti per quel marchio.

Le contraddizioni nel mondo della moda, dunque, sono molte e seppure l’attenzione alla sostenibilità sia sempre più diffusa è anche vero che la continua crescita di colossi come Shein ci deve far riflettere sul fatto che un capo seppure più economico per il consumatore diventa un costo insostenibile per il pianeta in termini di risorse, inquinamento e sfruttamento umano.

Noi di Italia Gas e Luce non ci nascondiamo, e stiamo, come sempre, dalla parte del sostenibile. Abbiamo appena visto che con un po’ d’attenzione, ricerca e gusto si può essere alla moda senza svuotare il portafoglio, e soprattutto senza recare troppo danno al nostro pianeta. Tu da che parte stai?

Chi l’orto fa da sé, lo fa per tre

Chi l’orto fa da sé, lo fa per tre

Dottore, ho il morale sotto i piedi, sono stressato e il cuore che mi batte sempre forte

Non si preoccupi, le prescrivo dell’ortoterapia

… È una cosa grave, dottore?

Hai sempre sognato un orto fai da te in casa, ma non hai mai avuto il coraggio? Non autocommiserarti troppo, magari ti è mancato un po’ il tempo o non hai mai trovato spunti interessanti da cui partire per creare il tuo personale angolo verde, anche se abiti in città. Certo è che gli orti urbani sono una realtà sempre più presenti: sono belli da vedere e apportano molti benefici alla salute (individuale e collettiva), sono utili e funzionali perché consentono di avere le verdure che preferisci a km 0 e in più, danno un tocco di originalità ai tuoi spazi all’aperto, fino anche a decorare con stile gli ambienti interni.

Lavorare la terra poi, in giardino o in vaso, aiuta corpo e mente a stare in forma e in salute. L’ortoterapia se eseguita con costanza infatti può aiutare a: migliorare l’umore, allontanare ogni forma di stress, regolarizzare la pressione del sangue, migliorare la fiducia in se stessi e l’autostima. Coltivando un orto, quindi, ci prendiamo cura della nostra salute.

Ovviamente per cominciare bisogna acquistare un kit per il giardinaggio base, così da avere tutto il necessario. E poi scegliere cosa piantare nell’orto di casa. Ricordati di seguire le stagionalità delle piante: ognuna ha il suo periodo di semina e quello di raccolta, che dobbiamo assolutamente rispettare: un calendario delle piante da seminare mese per mese può tornarti utile. E non dimenticarti mai di chiedere consigli utili a chi è esperto, così da conoscere tutti i trucchi per tenere lontani insetti, parassiti, malattie e seguire tutti gli accorgimenti per piante da orto forti e sane.

In linea di massima gli ortaggi e i frutti più facili da coltivare sul balcone e in luoghi ristretti sono: lattughe, basilico, prezzemolo, rucola, fragole, cipolle, pomodori, zucchine, cetrioli, peperoni, melanzane.

Ma come sistemare poi queste piantine per organizzare bene gli ambienti e garantire loro la giusta esposizione al sole?

Il fai da te ci permette di creare tantissimi angoli dedicati alla nostra passione green, con materiali di recupero e tanta creatività. Non ti devi preoccupare se lo spazio è poco, se hai un balcone piccolo o se in giardino è tutto occupato da altro. Sono tantissime le idee originali per un orto fai da te che puoi iniziare a fare subito in casa. Troverai sicuramente l’angolo più idoneo. Per esempio, le pareti dei balconi (o anche di spazi interni per chi vuole avere un profumo naturale in tutta casa) possono ospitare fioriere verticali dove piantare le erbe aromatiche utili per le nostre ricette in cucina. Basta ricreare una parete in cui installare i nostri vasi e il gioco è fatto. Inoltre, le pedane in legno si possono recuperare a costo zero e si possono trasformare in fioriere con ruote, per muovere agevolmente. Ideali per piantare ad esempio l’insalata.

Che dire poi dei vasi appesi? Sono l’ideale per balconi piccoli, spazi che si sviluppano in verticale oppure per coltivare qualcosa indoor.

Ricorda che non solo le piante aromatiche si possono coltivare in verticale. Se lo spazio in orizzontale non c’è, permetti alle tue piante di svilupparsi in alto, con piante coltivate su pareti decorate dove installare i vasi con dentro gli ortaggi che preferisci.

Allora, siamo stati bravi? Secondo noi tu lo sarai di più! Cosa aspetti a creare il tuo piccolo spazio di benessere verde in casa? Siamo certi che non riuscirai più fare a meno di annaffiatoi, semi, zappe e guanti colorati per prenderti cura giorno dopo giorno delle tue piantine, che cresceranno forti e sane e saranno anche loro da primo premio.

Allora, come si sente, come va con l’ortoterapia?

Dottore, mai stato meglio!

A Pasquetta un pic-nic “con chi vuoi”

A Pasquetta un pic-nic “con chi vuoi”

Che si fa a Pasquetta? Il dilemma di tutti, perché col Natale siamo a posto, bisogna passarlo “Con i Tuoi”, lo dice il detto! Ma la Pasquetta, come la Pasqua, è “Con chi vuoi”, e lì si apre un dilemma infinito, che crea confusione fino a sfociare, a volte, in un grande Boh.

E allora noi di IGL proviamo a darvi un consiglio: il Pic-nic! Ma sì, a Pasquetta il picnic in famiglia o con gli amici è la scelta giusta. Ma solo se si ha un occhio di riguardo verso l’ecofriendly. Con qualche accortezza rendere la nostra gita fuori porta sostenibile è semplice.

Il primo passo è evitare lunghi tragitti in auto, perché il traffico intenso sulle le strade è dietro l’angolo, e quindi sono preferibili luoghi raggiungibili a piedi, in bicicletta, o anche con i mezzi pubblici. Tutto ciò permetterà, per altro, di godersi la natura locale così trascurata nella frenetica quotidianità.

Sicuramente una buona idea è anche quella di attrezzarsi con un equipaggiamento adatto, evitando imballaggi in plastica e pellicole inquinanti. I contenitori ermetici sono una soluzione perfetta, portati dentro borse di stoffa e cestini in legno, che permettono di evitare anche l’impiego di sacchetti.

Poi alle bottigliette di plastica si devono, ovviamente, preferire le borracce, e i tovaglioli di carta si possono sostituire con quelli di stoffa, mentre le posate possono essere quelle di casa. Per bicchieri e piatti, evitare il vetro rimane cruciale per la sicurezza. Le alternative riutilizzabili sono le migliori, ma, in caso di necessità, l’importante è virare su prodotti compostabili.

Il pezzo forte del picnic poi è il menu, e rendere anche questo sostenibile è un dovere, scegliendo prodotti locali, preferibilmente a basso impatto ambientale. Frutta e verdura di stagione insieme alle classiche torte salate o a delle insalate di riso farro o quinoa. Preparare cibo buono da consumare anche freddo, in quantità adeguata, e suddividere il tutto in mono porzioni, può aiutare a minimizzare gli sprechi.

Il momento in cui essere ecofriendly risulta più complicato è di certo la conclusione del picnic di Pasquetta. Ripulire l’ambiente cancellando ogni traccia del proprio passaggio è fondamentale. Dividere i rifiuti secondo i canoni della raccolta differenziata è la base. Ma se sul posto non fosse possibile allora portare la spazzatura a casa rimane l’unica soluzione.

Che sbadati, ci siamo dimenticati della cosa più importante, il simbolo della Pasqua: l’uovo! Se vogliamo essere coerenti, per una Pasqua sostenibile, è bene fare attenzione nella scelta dell’uovo di cioccolata. Se possibile, meglio acquistarlo con delle certificazioni bio, o certificazioni di altra tipologia (per esempio Fairtrade). Si possono inoltre prediligere uova con imballaggio di carta e cartone. Ma per chi non volesse rinunciare alle uova tradizionali, con involucro di plastica, ricordate di smaltire tutto nella plastica e non nella carta, come ricorda Comieco, il consorzio nazionale per il riciclo degli imballaggi di carta e cartone. “Quei fogli luccicanti sono plastica, non sono carta – spiega Eliana Farotto del Comieco- Se vengono messi nel bidone insieme alla carta vera, poi creano problemi al momento del riciclo”.

Vedete, come al solito ci sono tanti modi per fare le cose, ma la scelta migliore, in questi anni “dell’usa e getta” e “del tutto e subito” si può almeno provare ad adottare un comportamento sensato ed ecologico. Basta poco, in fondo: un colpo alla pigrizia e un occhio al bene di tutti e del pianeta che ci ospita.

Buona Pasqua e Buona Pasquetta da Italia Gas e Luce!

Chi ha paura della primavera?

Chi ha paura della primavera?

E’ primavera, svegliatevi bambine, alle Cascine messer Aprile fa il rubacuooor” intonava Rabagliati nel lontano 1941. E ancora oggi, verso il 20 marzo o giù di lì, ci ritroviamo a canticchiare per strada queste poche ma memorabili note.

Sì, è arrivata la primavera! Le giornate si scaldano e si allungano, e via con i luoghi comuni, che se sono tali un motivo ci sarà! Famoso è il detto: Primavera fa rima con allergia. Ah, non fa rima? Forse no, ma di sicuro, purtroppo, corrisponde a sacrosanta verità.

La bella stagione che è appena cominciata non è tale per chi è ipersensibile ai pollini: quasi dieci milioni di italiani sono ormai da anni abituati a convivere con sintomi più accentuati e duraturi. Al di là della pianta che è causa del problema, infatti, oggi l’impollinazione è un processo più lungo e intenso. La causa è da ricercare nell’aumento delle temperature durante l’inverno. Meno è rigido il periodo compreso tra dicembre e marzo, tanto più accentuate sono le allergie primaverili. Una dimostrazione di quanto il cambiamento climatico in atto abbia ripercussioni dirette sulla salute

Sono sempre di più gli studi che ipotizzano che la causa di questo trend possa risiedere (anche, ma non solo) nel riscaldamento del Pianeta, come effetto del crescente inquinamento atmosferico. Nei luoghi in cui la qualità dell’aria è peggiore, d’altra parte, i numeri delle allergie sono più elevati.

Entro il 2100 la quantità di pollini prodotti durante le fioriture potrebbe aumentare del 40%, secondo nuove ricerche, rendendo urgente la necessità di capire meglio quali siano i fattori che determinano tale aumento. Se da un lato siccità e ondate di calore danneggiano foreste e pascoli, alcune graminacee, piante infestanti e anche alcuni alberi che producono pollini allergenici prosperano in presenza di temperature più alte e maggiori concentrazioni di anidride carbonica, diventando più grandi e producendo più foglie.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che entro il 2050 metà della popolazione del pianeta soffrirà di almeno un disturbo allergico. L’aumento previsto è dato non solo da una maggiore concentrazione dei pollini, ma anche dai tanti modi in cui gli elementi chimici delle sostanze inquinanti interagiscono con essi. Gli agenti inquinanti, infatti, distruggono la parete cellulare dei pollini, frantumando i loro granuli, relativamente grandi, in particelle di dimensioni inferiori al micron che possono penetrare più in profondità nei polmoni e sono più pericolosi per i soggetti allergici. Inoltre, le sostanze inquinanti possono aumentare la capacità del polline stesso di innescare la reazione allergica.

Studi condotti in laboratorio dimostrano che un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera porta a pollini contenenti più proteine allergeniche, che sono quelle che provocano la produzione degli anticorpi responsabili dei sintomi fisici della reazione allergica.

Rimangono aperte molte sfide e molto lavoro da fare, difatti i pollini attualmente vengono misurati e monitorati molto meno di qualsiasi altro inquinante atmosferico. La strada da intraprendere da subito, con urgenza, sembra dunque essere quella “nella direzione dello sviluppo di strumenti migliori per comprendere in che modo i pollini potrebbero cambiare in futuro e aiutare le persone a prepararsi al meglio ai relativi impatti sulla salute”.

Qualche buona notizia, per favore! Sembra ci siano, fortunatamente: diverse aziende stanno sviluppando tecniche di intelligenza artificiale per automatizzare il conteggio, rendendolo più efficiente, e quindi maggiormente “monitorabile”. Dunque, la tecnologia che, di nuovo, corre in soccorso della salute del cittadino.

Perché l’obiettivo di tutti noi in fondo è uno: allontanare la paura dell’arrivo della primavera, per poterci solamente godere in santa pace quei giorni di rinascita e rigoglio della natura: a marzo, aprile e maggio voglio solamente gioire! Perché poi si sa, arriva giugno con la torrida estate, e comincia tutta un’altra storia.

2023: Odissea nello spazio green

2023: Odissea nello spazio green

Oh, il cinema, quanto ci piace! La magia del grande schermo quando si spengono le luci della sala o il relax del divano di casa di fronte al nuovo 75 pollici non hanno rivali. Nessuno può toglierci il piacere di guardare un film in santa pace, che sia un classico senza tempo o una novità imperdibile. Ma ci siamo mai chiesti che impatto può avere la produzione e la realizzazione di un’opera cinematografica, sia essa una piccola produzione indipendente o un kolossal hollywoodiano?

Il mondo del cinema fa sul serio con l’ecologia? Quanto va a danneggiare l’ambiente? Domande lecite, che necessitano chiarimenti. Proviamo a fare chiarezza.

Secondo “Albert”, un’organizzazione ambientale creata per analizzare il livello d’inquinamento delle produzioni audiovisive, il principale impatto ambientale dell’industria cinematografica è dovuto proprio allo spostamento della troupe e dell’attrezzatura necessaria, che avviene per lo più su gomma. In questo settore, il trasporto è infatti la categoria maggiormente responsabile delle emissioni di CO2 e del consumo di energia. Per dare un metro di paragone a questi dati, la produzione di un’ora di contenuti di televisione britannica emette 13 tonnellate di anidride carbonica, più o meno la stessa quantità generata da un cittadino statunitense medio in un anno. 

Oltre a questo impatto legato ai trasporti, si aggiungono l’utilizzo giornaliero di materiale usa e getta sul set – come i contenitori in plastica monouso in cui vengono serviti i pasti a tutta la troupe – o gli oggetti di scena che devono essere sostituiti dopo ogni take – come quelli distrutti o gli alimenti consumati come da copione.

Infine, altro grande problema è legato al deturpamento dei paesaggi naturali, che va dalla costruzione di enormi set lasciati in piedi per anni – come intere città erette in Nuova Zelanda per la saga del Signore degli Anelli di Peter Jackson – ai danni provocati agli ecosistemi durante e dopo le riprese di un film. L’esempio più tristemente noto è quello della Maya Bay nelle isole Phi Phi in Thailandia, set del film “The Beach” di Danny Boyle: prima delle riprese la produzione abbatté una parte della vegetazione per ingrandire la spiaggia e piantò circa cento palme per rendere il paesaggio più in linea con l’idea occidentale di luogo esotico. 

Ma le cose stanno fortunatamente cambiando, c’è una maggiore coscienza e attenzione. Di certo un passo decisivo del mondo scintillante della cinematografia mondiale verso un minore impatto ecologico è stato compiuto con le “certificazioni green”. Cosa sono? Si tratta di comportamenti da tenere nella realizzazione di un’opera.

 

E cosa è necessario fare per avere una certificazione green per il proprio film?

 

1 – Assicurare una riduzione efficace dell’impatto ambientale dell’Opera Audiovisiva.

2 – Utilizzare esclusivamente energia elettrica fornita attraverso allacci temporanei alla rete di distribuzione.

3 – Utilizzare esclusivamente apparecchi illuminanti con tecnologia LED.

4 – Ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal movimento di mezzi di trasporto motorizzati.

5 – Ridurre l’impatto ambientale legato agli alloggi della troupe.

6 – Garantire ai membri della troupe un’alimentazione salubre e di qualità nel rispetto dell’ambiente.

 

Per promuovere e sostenere il cinema “green sono nati anche premi e manifestazioni ad hoc. Come, per esempio, Il Green Drop Award, nato nel 2012, che assegna premi ai film che interpretano meglio i valori dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile. Il Green Drop Award non è solo un premio ai meriti artistici ma anche un riconoscimento che vuole segnalare al pubblico quelle opere che aiutano ad aumentare la nostra consapevolezza per uscire dalla crisi ecologica

In Italia emerge Il Festival CinemAmbiente, con l’obiettivo di presentare i migliori film e documentari ambientali a livello internazionale. È ormai la più importante manifestazione italiana dedicata ai film a tematica ambientale.

 

E se volessimo concentrarci sui film veri e propri? Quali sono i film green che ci sono rimasti nel cuore?

 

Un posto sul podio è sicuramente occupato da ”Erin Brockovich”, un vero e proprio cult, che valse un premio Oscar alla meravigliosa Julia Roberts. Un film di denuncia imperdibile che si basa sulla vera storia della piccola cittadina di Hinkley, in California. I suoi abitanti sono stati colpiti da svariate terribili malattie e sofferenze, a causa della contaminazione delle falde acquifere ad opera di una importante e spregiudicata compagnia americana. Erin Brockovic, una giovane donna disoccupata ma intraprendente, riuscirà a far loro ottenere un risarcimento e, soprattutto, giustizia.

Il film del 2007 che Sean Penn scrisse e diresse, “Into the wild”, è un lungometraggio basato sulla storia vera di Christopher McCandless, giovane proveniente dal West Virginia, che subito dopo la laurea abbandona la famiglia e intraprende un lungo viaggio di due anni attraverso gli Stati Uniti. Penn gioca di forti contrasti nell’alternare gli ampi spazi dei diversi paesaggi mostrati al costante senso di vuoto del ragazzo che risulta essere una pura estensione dell’enormità della natura. Ecologismo filosofico.

Di certo il film green più attuale e di moda (grazie ai milioni di visualizzazioni sulla piattaforma Netflix) è di per certo il recentissimo “Don’t look up” con Leonardo Di Caprio, da sempre paladino dell’ambiente, e Jennifer Lawrence. È un film, in una chiave amaramente paradossale e comica, sulla fine del più umano degli istinti, quello di sopravvivenza. Non a caso, è un film sulla fine dell’umanità dove l’umanità stessa non pare avere alcuna intenzione di salvarsi o farsi salvare. 

In questa speciale (e personale!) classifica non può mancare il docu sulla paladina mondiale dei diritti green. “I’m Greta”, un documentario biografico che segue l’attivista svedese Greta Thunberg nella sua crociata internazionale per convincere la gente ad ascoltare gli scienziati sui problemi ambientali del mondo. Nell’agosto del 2018, Greta, una studentessa svedese di quindici anni, davanti il Parlamento svedese comincia uno sciopero per manifestare contro il cambiamento climatico, che nel giro di qualche mese si trasforma in un movimento globale, rendendola un’attivista di fama mondiale. Il documentario segue Greta dal suo primissimo giorno di protesta fino all’incredibile viaggio in barca a vela verso New York per presenziare al Summit sul clima dell’ONU.

Un film nel nostro cuore è di sicuro “Captain Fantastic”, interpretato da Viggo Mortensen. Un uomo laico e fuori dagli schemi che cresce la sua famiglia tra i boschi dello stato di Washington, lontana da junk foodconsumismo e ostentazione. Ma quando una tragedia colpisce la famiglia, Ben è costretto a lasciare la vita che si è creato e affrontare il mondo reale, fatto di pericoli ed emozioni che i suoi figli non conoscono. Non è un film che tratta direttamente di ambiente. Ma ci aiuta a rispondere a una domanda: il nostro stile di vita è davvero frutto delle nostre scelte?

E In Italia? Ci piace citare un documentario piccolo, ma che quando uscì, nel 2007, fece molto scalpore. Si tratta di ”Biutful Cauntri, realizzato nel 2007 da Esmeralda Calabria, Peppe Ruggiero e Andrea D’Ambrosio. Il lungometraggio mostra i problemi in Campania causati dall’ecomafia, dall’inquinamento da polveri di amianto e la conseguenza sull’agricoltura e sull’allevamento, in particolar modo quello di pecore.

È evidente che, nonostante tutte le difficoltà che ci possono essere, il mondo del cinema sembra ci stia provando ad essere meno impattante sul sistema ecologico. Il compito è arduo, come in tutti gli altri campi lavorativi, ma i segnali sembrano buoni. E allora, W il cinema che strizza l’occhio al mondo green!

Ode al Carnevale o Oddio il Carnevale?

Ode al Carnevale o Oddio il Carnevale?

E’ Carnevale, evviva l’allegria. La gioventù vuol ridere e scherzare…” cantava una canzone popolare di tanti anni fa. Eh beh, il Carnevale è la festa in maschera per antonomasia, in quei giorni ci possiamo travestire, truccare e diventare chiunque vogliamo. E poi “a Carnevale ogni scherzo vale”, tutti possono dar sfogo alla propria ironia e lo sfottò è sempre perdonato! Insomma, a chi non piace questo baccanale cristiano, ma anche un po’ pagano? Ma a nessuno, no?

Non è proprio vero, non tutti amano questa festa così popolare. Chissà perché? Gli psicologi s’interrogano, soprattutto riflettendo sulle reazioni ostili dei più piccoli. Paura del diverso, timore di non controllare la situazione essendo ignari di chi ci sia dietro la maschera, o forse solo timidezza, questi i motivi principali rilevati dagli studi. Del resto per molti bambini la “maschera” rappresenta l’ignoto, viene identificata come una figura sconosciuta e non familiare. Detto questo, la stragrande maggioranza dei più piccoli e dei loro genitori amano il Carnevale.

Di sicuro, noi di Italia Gas e Luce non possiamo ignorarlo, visto che la nostra sede è a Lido di Camaiore, a un passo da uno dei Carnevali più importanti al mondo: quello di Viareggio. Carri sfavillanti, pieni di ironia e colori, costumi e maschere ci consentono di mettere da parte le nostre individualità quotidiane e sperimentare un accresciuto senso di unità sociale.

Ma proviamo a concentrarci sulle tematiche a noi care dell’ecologia e del rispetto dell’ambiente. Quanto riguardo c’è nei confronti della natura durante il periodo carnevalesco? Di sicuro, troppo spesso, queste feste non rispettano l’ambiente. Le strade vengono lasciate sporche, con coriandoli, stelle filanti, bombolette spray di plastica. I coriandoli di carta, per esempio, sono sicuramente meno inquinanti, ma non sostenibili, perché creano comunque un impatto: possono essere ingeriti dagli animali e intasare le vie di scolo delle acque. 

E allora come facciamo ad essere green durante il periodo del Carnevale, senza per questo essere meno creativi?  Questi sono alcuni consigli per un Carnevale totalmente green ed ecosostenibile

  1. Costumi di Carnevale fai da te o riciclati

Evitiamo di acquistare ogni anno abiti o maschere di Carnevale. Con un po’ di inventiva e di creatività possiamo creare abiti risparmiando denaro e rifiuti, spulciando nel nostro armadio. Si può anche mettere in atto gli insegnamenti della nonna di taglio e cucito per trasformare vecchi vestiti, riadattare tessuti, dando sfogo alla propria fantasia. 

Nel momento in cui si decide di gettare questi costumi, è fondamentale smaltirli nel modo corretto, separando i vari elementi che li compongono per inserirli negli appositi contenitori.

  1. Trucchi green

Il trucco utilizzato per i travestimenti di Carnevale è nocivo per l’ambiente: una volta lavato via, finisce nelle acque di mari e fiumi. Il trucco eco-bio, invece, non contiene sostanze chimiche né siliconi, ed è quindi estremamente green. Basterà acquistare pigmenti in polvere libera in negozi specializzati, per poi mescolarli ad una crema neutra biologica. (leggi il nostro articolo sui trucchi green)

  1. Coriandoli in carta

Sono sempre più diffusi i coriandoli e le stelle filanti di plastica. Seppur l’effetto visivo sia maggiore, lo è anche l’impatto ambientale per la loro tipologia di materiale. Meglio coriandoli in carta fai-da-te, che possono essere realizzati in casa con semplici ritagli di giornali e riviste. Un’attività molto divertente da condividere con i bambini.

Oppure se volete essere all’avanguardia c’è un’azienda tedesca che dal 2018 produce coriandoli fatti di amido di mais e contenenti 23 tipologie di semi che, disperdendosi nell’ambiente e deteriorandosi, permettono di piantare fiori e piante, salvaguardando così l’ecosistema.

 

Infine, un ultimo consiglio: ripulire sempre! Impegniamoci a raccogliere tutto ciò che si getta e a pulire, per quanto possibile, l’ambiente che ci circonda. 

In conclusione, un tocco storico finale. Per chi ne fosse curioso, la materia prima dei carri del Carnevale è la cartapesta, o meglio: la carta a calco. Inventata dal pittore e costruttore viareggino Antonio D’Arliano nel 1925, ha permesso di realizzare opere sempre più grandi, ma allo stesso tempo leggere. Modelli in creta, calchi in gesso, carta di giornale e colla, fatta di acqua e farina, sono gli ingredienti semplici del più grande spettacolo al mondo nel suo genere.

La filosofia del recupero e del riciclaggio, attraverso una tecnica manuale unica, sono alla base della manifestazione carnevalesca, in special modo a Viareggio, dove dal dicembre 2001 è stata creata la Cittadella del Carnevale, il più grande ed importante centro a tema italiano dedicato alle maschere. Non esistono, in Italia, per dimensioni, spazi, servizi, altrettanti grandi poli incentrati sul Carnevale.

E allora, Ode al Carnevale! Anche per coloro che invece pensano: “Oddio il Carnevale!

Sa(n)remo Green?

Sa(n)remo Green?

Il Festival di Sanremo 2023 finalmente è cominciato ed è già nel vivo. Stiamo tutti ascoltando con curiosità le canzoni dei big in gara, anche grazie al Fanta Sanremo, il gioco che ha riacceso l’interesse per l’insormontabile Kermesse canora anche nei più giovani. Le melodie e le parole risuonano sul palco dell’Ariston desiderosi di diventare le nuove hit dell’anno.

Sembra però, dai primi ascolti, che gli autori e i cantanti si siano dimenticati di porre l’attenzione sui temi a noi cari quali l’ecologia, la sostenibilità e il rispetto della natura. Occasione sprecata perché, secondo studi recenti, un italiano su due è convinto che una canzone possa influenzare o addirittura modificare i comportamenti nei confronti dell’ambiente e favorire quindi l’adozione di buone pratiche sostenibili.

Ma non è sempre stato così, in passato nelle edizioni della manifestazione sanremese abbiamo potuto apprezzare numerose canzoni portabandiera del “green”. Fino ad oggi, sono quindici i brani totalmente “verdi” che hanno contraddistinto la storia del Festival, cominciando addirittura dal 1955 con “Canto nella valle” di Natalino Otto, per terminare con l’edizione del Festival del 2020 (forse la più ambientalista di sempre) dove ben due performers hanno affrontato il tema: il rapper Rancore in “Eden” e Gabriella Martinelli con la sua “Il gigante d’acciaio” che ha raccontato il dramma ambientale dell’Ilva. 

Siete curiosi di scoprirle? E allora non dilunghiamoci oltre, signore e signori, ecco a voi la “Sanremo playlist delle canzoni “ecologiste”.

Canto nella valle – Natalino Otto & Trio Aurora & Bruno Pallesi & Radio Boys, 1955

Il Ragazzo della via Gluck – Adriano Celentano, 1966

Ciao amore, ciao – Luigi Tenco, 1967

L’immensità – Don Backy, 1967

L’arca di Noè – Sergio Endrigo, Iva Zanicchi, 1970

Montagne verdi – Marcella Bella, 1972

E le rondini sfioravano il grano – Giampiero Artegiani, 1986

Cara terra Mia – Albano e Romina Power, 1989

Voglio andare a vivere in campagna – Toto Cotugno, 1995

Luce – Elisa, 2001

Il senso della vita – Elsa Lila, 2007

Nu juorno buono – Rocco Hunt, 2014

Abbi cura di me – Simone Cristicchi, 2019

Eden – Rancore, 2020

Il gigante d’acciaio – Gabriella Martinelli, 2020

Noi di Italia Gas e Luce, però, abbiamo la nostra personale classifica. 5 sono le canzoni cha abbiamo voluto approfondire e ricordare:

Il Ragazzo della via Gluck – Adriano Celentano, 1966: direttamente dalla metà dei favolosi anni ‘60 arrivò sul palco del Teatro Ariston questo brano con un tema molto importante come quello dell’urbanizzazione selvaggia a discapito del verde.

Pedala – Frankie hi-nrg, 2014: un brano che non solo è “energizzante” ma fa venire voglia a tutti di prendere una bicicletta (anche elettrica) e andare in giro per il mondo.

Luce – Elisa, 2001: Canzone vincitrice del Festival e che con una delicatezza estrema ci fa capire molte cose. C’è la narrazione di un amore e della necessità di dialogo, proprio come il vento fra gli alberi, come il cielo con la sua terra. 

Terra promessa – Eros Ramazzotti, 1984: Brano vincitore delle Nuove Proposte di quel’anno. Energia e voglia di una “terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri”, in modo green ovviamente!

La nevicata del ‘56 – Mia Martini, 1990: In ultimo, ma non ultimo, questo pezzo immortale che vinse il Premio della Critica ed entrò ben presto nella storia del Festival di Sanremo. Mia Martini racconta della nevicata del 1956 che colpì Roma e che venne considerata la più pesante dal 1929, tanto da essere ricordata come la nevicata del secolo. Fu forse uno dei primi eventi climatici estremi che oggi, purtroppo, sono diventati all’ordine del giorno. Per questo ricordare quel momento potrebbe aiutarci nella riflessione fondamentale legata proprio all’importanza di rispettare il nostro Pianeta.

Prima di chiudere, vogliamo aprire una piccola finestra “verde” sul Sanremo in corso, parlando di Marco Mengoni, non soltanto perché è a tutti gli effetti il favorito nella gara, ma per essere stato già eletto il più green del Festival 2023, grazie alle sue scelte ecologiche: il packaging del suo disco è 100% plastic free, così come l’intera campagna pubblicitaria. Per il prossimo tour, l’artista, ha scelto di usare per sé e per tutto lo staff solo borracce e bottiglie di vetro e materiali monouso biodegradabili. Insomma, il suo messaggio è ben chiaro. Bravo Marco! 

Ma adesso che sia la buona musica a parlare. Buon Festival a tutti Con un occhio di riguardo alle canzoni “verdi”!

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