Sustainable Fashion VS Fast Fashion
“La vedi questa camicia? Era di mio nonno, ha 40 anni. È la mia preferita! Sembra ancora nuova”
“Lo vedi questo top? L’ho comprato ieri, e credo proprio che non lo indosserò più domani”.
I dati parlano chiaro, la moda sostenibile sembra essere passata dall’essere un vezzo di pochi ad una scelta consapevole per molti consumatori nel mondo del fashion.
L’Italia è indubbiamente tra i paesi più in linea con questa tendenza. Il made in Italy, da sempre sigla rappresentativa di un lifestyle esclusivo e apprezzato in tutto il mondo, nonché sinonimo di alta qualità, è sempre più ricercato. Secondo recenti ricerche risulta che più della metà della popolazione italiana si rifiuterebbe di acquistare un prodotto d’abbigliamento da una casa di moda che non abbia delle linee etiche e ambientali ben precise.
La moda è uno dei settori ad avere maggior impatto ambientale: ne è una prova il fatto che essa è la causa dell’inquinamento del 20% delle acque potabili globali. Per questo motivo moltissimi consumatori oggi si orientano verso scelte maggiormente responsabili per la società e l’ambiente che le circonda. Questa particolare attenzione è propria, in particolar modo, della generazione Z, la quale, sempre attiva sui social, guarda alla sustainable fashion con sempre maggior interesse. Basti pensare alla crescente popolarità dello stile “old money”, che su Tik Tok è stato trasformato in un vero e proprio trend virale, e che sta ad indicare coloro che aspirano alla creazione di uno stile che rifiuta apertamente la caducità del fast fashion per un modo di vestire ispirato al passato, esclusivo e dalla qualità altissima.
Di altrettanto successo è il mercato secondhand che, come mostrano recenti ricerche, rappresenta già dal 3% al 5% del settore complessivo dell’abbigliamento, e potrebbe crescere fino al 40%. Sebbene gli articoli di seconda mano costituiscano circa un quarto degli armadi degli acquirenti di pezzi pre-loved, si prevede che nel 2023 costituiranno il 27%. A sceglierli sono ancora una volta i consumatori della Generazione Z, i più propensi ad acquistare (31%) e vendere (44%) articoli di seconda mano, seguiti dai millennial. Il 40% degli acquirenti considera l’usato come un modo per consumare moda in modo sostenibile, e altrettanti consumatori scelgono questo mercato per l’ampia scelta e i pezzi unici che offre. Anche il ‘brivido della caccia al tesoro’ e l’opportunità di negoziare con i venditori sono fattori sempre più popolari per l’acquisto di abbigliamento di seconda mano.
Di questo stesso stampo sono anche siti, già di tendenza da alcuni anni, come Vinted e Vestiaire Collective, i quali permettono ai loro utenti di vendere e acquistare in totale libertà. Quindi, se acquistare meno è acquistare meglio come si spiega un fenomeno globale come quello di Shein?
Per chi non lo conoscesse Shein è un negozio online di abbigliamento a basso costo che in pochi anni ha raggiunto e superato le maggiori catene Fast Fashion del mondo. Shein è infatti valutato oltre 30 miliardi di dollari e dal 2020 è diventata la più grande azienda di moda, esclusivamente online, del mondo. Si tratta di un marchio decisamente economico, motivo che lo ha reso così popolare, che vende vestiti che arrivano a costare pochi euro l’uno. In molti si sono chiesti come il colosso cinese possa produrre questi abiti a prezzi così bassi e la risposta è che purtroppo a farne le spese sono i suoi lavoratori. Questi, infatti, lavorano fino a 18 ore al giorno, 7 giorni su 7 e sono pagati 3 centesimi a capo di abbigliamento. La fonte di questi dati è il documentario investigativo “Untold: the Shein Machine” che mostra, grazie ad una donna sotto copertura, cosa significhi davvero lavorare in una fabbrica che produce abiti per quel marchio.
Le contraddizioni nel mondo della moda, dunque, sono molte e seppure l’attenzione alla sostenibilità sia sempre più diffusa è anche vero che la continua crescita di colossi come Shein ci deve far riflettere sul fatto che un capo seppure più economico per il consumatore diventa un costo insostenibile per il pianeta in termini di risorse, inquinamento e sfruttamento umano.
Noi di Italia Gas e Luce non ci nascondiamo, e stiamo, come sempre, dalla parte del sostenibile. Abbiamo appena visto che con un po’ d’attenzione, ricerca e gusto si può essere alla moda senza svuotare il portafoglio, e soprattutto senza recare troppo danno al nostro pianeta. Tu da che parte stai?